sabato 26 ottobre 2013

Innovation Collodi Lab 25.10.2013

Il 25.10 sono stata invitata presso la Fondazione Collodi a tenere una relazione sui miei temi all'interno di un articolato convegno titolato "Interrogando pinocchio - Nuove prospettive della cultura".
Qui di seguito riporto le mie riflessioni e proposte a partire da una densa giornata di scambio e confronto.



Innovazione degli spazi educativi per una nuova comunità educante

Le nuove prospettive della cultura presuppongono una modalità di lavoro e di ricerca a tutto tondo protesa alla qualificazione del territorio. In particolare la riflessione sui concetti di cultura diffusa, intelligenza e creatività, permettono di approfondire il ruolo dell’innovazione come chiave di volta tra teoria e azione, tra acquisizione scientifica e processo culturale.
Se per innovazione si intende un processo che genera sviluppo e crescita, che offre elementi costruttori di bene comune, uno dei più importanti luoghi dell’innovazione dovrebbero diventare gli spazi e gli ambienti della formazione e dell’educazione.

L’innovazione tra azione e riflessione

L’innovazione si fonda sui dispositivi della capacitazione e della relazione, come ben argomentato da Umberto Margiotta pensando al capability approach. L’ambiente scuola, i parchi gioco, i luoghi di aggregazione comunitaria più o meno formali, diventano quindi un elemento chiave di indagine sui processi che formano le qualità degli individui.
In questo senso il riferimento all’Inquiry circle di Dewey del 1938, oltre che quello di Kolb del 1984 e di Bruce e Bighop del 2008 offrono interessanti spunti per analizzare i processi della generazione e rigenerazione della cultura negli universi della socializzazione educante. Essi si basano in particolare su due elementi chiave: l’azione sul campo (osservazione, esperienza, sperimentazione, discussione) e l’astrazione o generalizzazione, determinata dall’importante ruolo della riflessione, che non è altro l’introiezione, analisi ed elaborazione costruttiva degli esiti dell’azione. Come noto essi costituiscono le caratteristiche fondamentali della professionalità di coloro che hanno responsabilità diversificate sugli ambienti preposti all’educazione e alla formazione: la politica, l’amministrazione, la scuola, l’università sotto i più diversi punti di vista hanno il compito euristico dell’ identificazione pedagogica di questi luoghi, nell’ottica tutta laportiana della “comunità educante”.

Innovazione degli spazi tra bisogni e motivazioni

Il percorso che guida all’identità si basa sull’innato bisogno umano che tende alla conoscenza e all’autorealizzazione, ben descritto con la tassonomia dei bisogni di Abraham Maslow. Il bisogno, oltre che procedere da una mancanza, è guidato dall’elemento positivo della motivazione, che quanto più è intrinseca, tanto più è soddisfacente e contaminante. I luoghi pubblici preposti alla formazione più o meno formale, oggi, sono alla ricerca di una loro identità e più specifica connotazione.
Negli ambienti dell’architettura sta maturando interesse e sensibilità per la progettazione dello spazio pubblico come luogo ibrido, tra giardini e cortili delle scuole, spazi gioco all’aperto, luoghi di aggregazione. Se pensiamo alle scuole, alcuni istituti comprensivi, istituti superiori e professionali appartenenti ai diversi contesti territoriali vanno cercando un profilo pedagogico che guidi l’azione didattica. Ne sono prova non poche iniziative che vanno dalla toscana, si pensi alle “scuole senza zaino” di Marco Orsi, alla Lombardia, con le esperienze di Cristina Bonaglia per le secondarie superiori, all’Alto Adige, dove proliferano scuole pubbliche fino alla secondaria di primo grado a orientamento montessoriano, steineriano e misto, con nuove organizzazioni dello spazio degli arredi e delle attività.
La scuola da luogo di accentramento del sapere, si sta aprendo alle cosiddette “periferie dell’apprendimento”, che si muovono tra i mondi della formazione istituzionale, informale, sportiva, del lavoro e della vita pubblica. In questo processo gli stessi luoghi tradizionalmente preposti all’insegnamento, le classi, si aprono ai corridoi, ai connettivi, cercando trasparenze visive o spazi di lavoro condiviso. I grandi androni diventano le “piazze dell’incontro e dell’apprendimento”, gli spazi abitualmente destinati a funzioni specifiche si smaterializzano a vantaggio di una ibridazione dei tanti luoghi “morti” o di passaggio tra gli ambienti.

Ambienti di apprendimento tra creatività e casualità

Interessante è considerare che, se la riflessione sul concetto di “ambiente di apprendimento” è nata a partire dalle potenzialità delle tecnologie e della Rete, come luogo dell’apprendimento individuale, ma anche condiviso e partecipato, in cui sostenere i processi conoscitivi in ottica costruttivista, oggi gli assunti e le modellizzazioni didattiche (pensiamo al problem solving e agli ask sistem di Jonassen) maturati sugli ambienti virtuali vogliono tradursi in spazi  fisici e operatività concrete negli ambienti scolastici. Nasce una nuova attenzione alla “geografia degli spazi educativi” come luoghi dell’orientamento consapevole e dell’esperienza nella tensione tra libertà e controllo del processo conoscitivo. Si fa strada la riflessione sul concetto di “apprendimento creativo”, che per il fatto stesso di connotarsi come divergente, è diversificato, multiprospettico, proteso verso la validazione delle qualità di ciascuno come differente dagli altri, secondo il principio inclusivo, certamente anche gardneriano del: tutti uguali e tutti diversi.
In realtà la creatività è un processo che spinge l’individuo ad affinare le proprie capacità espressive, valorizzando la propria specialità o differenza nel raccontarsi, nel leggere il reale e nel porsi nel mondo per trovare sempre di più la propria identità. Un percorso costellato da casualità, come acutamente segnalato da Roberto Masiero, una casualità affasciante, perché indica una serie di accadimenti che possono essere letti come impedimenti o occasioni, a seconda di quanto ciascuno, quindi anche gli enti preposti all’educazione alla formazione, abbia chiara la propria direzione.

Creatività tra flessibilità e movimento

Al concetto di creatività si lega anche quello di flessibilità, come proposto da Mario Lipoma, inteso come azione e movimento con le cose/sulle cose, che genera relazionalità ed interdisciplinarità. È proprio l’attenzione allo sviluppo del movimento delle/ con le/ e tra le cose/discipline/persone/ambienti che si può cogliere la qualità della “grazia “, quel movimento consapevole, controllato, elegante (già ampiamente indagato da Maria Montessori) che genera una spinta all’innovazione e stravolge i classici sistemi di apprendimento della conoscenza e li trasforma da lineari, dunque simbolico astratti, a reticolari, diffusi, espressivi.

Scenari

In tutto ciò si prospettano scenari affascinanti sui quali costruire progetti innovativi: la comunità educante è in cerca di nuovi modelli didattici basati su esempi concreti di come fare scuola e di come generare socialità formativa negli spazi pubblici. Tutto questo poggia su euristiche pedagogiche condivise, assunte dalla comunità con responsabilità e passione.  La mission culturale egli enti che propendono verso l’universo formativo consiste nel cogliere i bisogni cogenti e nell’offrirvi risposta attraverso progetti a composizione interdisciplinare che offrano le possibili vie da percorrere. I progetti sui luoghi, gli ambienti e gli spazi dell’apprendimento e della formazione, sono tra i più dinamici, perché offrono un terreno molto fertile allo scambio culturale tra le discipline, gli ambiti, le competenze di soggetti che generalmente non sempre in dialogo tra di loro: pedagogisti, studiosi del movimento, psicologi, filosofi, architetti, insegnanti, rappresentanti degli enti locali, committenti, tecnici e molti altri ancora possono diventare gli interlocutori attivi  di un processo di appropriazione partecipata degli spazi per educare ed apprendere. Tutto questo su una piattaforma di comunicazione neutrale come può esserlo quella di enti e fondazioni di alto spessore culturale.



mercoledì 16 ottobre 2013

UNA INTERVISTA A PARTIRE DAL CONVENGO 'SPAZIO&APPRENDIMENTO'



Venerdì si festeggia la pubblicazione del numero che ho curato per la rivista di architettura Turris Babel insieme a Sandy Attia "Costruire Pedagogie". Ripercorrendo la storia che ha condotto alla realizzazione di questo lavoro, ho ritrovato una bella intervista sul convegno che avevo organizzato presso la Facoltà di Scienze della Formazione della Lub nel Novembre di un anno fa. È stato proprio da quella iniziativa che è nata l'idea di scrivere un numero della rivista tutto dedicato alle scuole.
L'intervista è online, sulla rivista Franz Magazine http://franzmagazine.com/2012/11/08/spazioapprendimento-per-ripensare-gli-spazi-scolastici-lintervista-a-beate-weyland/
Ecco il testo integrale


Professoressa Weyland, il convegno  tenutosi a Novembre 2012, “Spazio e apprendimento”è stato un'occasione per lanciare la rete "spazio&apprendimento". Di cosa si tratta, chi sono i "nodi" della rete e quali sono gli obiettivi?

La rete consiste in un accordo tra dieci istituzioni che sotto diversi punti di vista hanno a che fare con la scuola e che sono interessate in modo specifico al tema organizzazione spaziale degli edifici scolastici. Sono coinvolte, tra gli altri, le intendenze scolastiche, l’università, la consulta dei genitori, la camera degli architetti e l’ufficio edilizia della provincia. Ed è questo il valore aggiunto di questo tavolo di concertazione: la convergenza e il dialogo tra i diversi punti di vista e le diverse competenze di ciascuno sul tema spazi della scuola. Come la vedono  e che esigenze hanno gli insegnanti? E gli architetti? E quali sono le priorità di chi sostiene economicamente le operazioni di ristrutturazione e nuova edificazione? Possono incidere le visioni dei dirigenti scolastici sulle decisioni progettuali degli architetti? E così via.

Il cuore del progetto è indagare la "relazione tra spazio e apprendimento", un tema che il convegno e la stessa rete pongono come prioritario e attuale. In cosa consiste questa centralità rispetto allo sviluppo della ricerca pedagogica attuale? Qual è la direzione di questo sviluppo? A quali nuove istanze educative occorre dare risposta?

L'urgenza di mettere a tema la relazione tra spazio e apprendimento nasce dalla richiesta sempre più diffusa di concepire la scuola come il luogo dell’apprendimento e non dell’insegnamento. Il peso diverso che si cerca di dare ai processi di apprendimento incide in modo determinante anche sugli spazi didattici e offre la possibilità di rileggere l’universo scuola in modo decisamente nuovo.
Si tratta di un vero cambio di paradigma: dall’insegnante all’allievo, dal dire al fare, dal ripetere al comprendere, dall’omologazione alla moltiplicazione e differenziazione delle attività, delle esperienze, delle ricerche, degli impegni.
È molto diverso uno spazio se pensato per una comunicazione da uno a molti, formale e quanto possibile impersonale o se lo stesso spazio è concepito per una interazione tra molti e diversi, per una vita comunitaria, in cui si gioca sulla molteplicità delle attività e delle sollecitazioni

-       In questo senso ci illustri brevemente due tra le esperienze più avanzate e innovative, proprio in termini di progettazione/costruzione concreta di "spazi educativi", in Italia, in Europa o fuori dall'Europa?

In contesto italiano il primo importante riferimento è alle scuole che sono nate dall’esperienza e dalla riflessione di Loris Malaguzzi a Reggio Emilia, le scuole di Reggio Children. Esse si riferiscono tutte a un chiaro modello pedagogico che informa anche l’organizzazione degli spazi: i cento linguaggi dei bambini, quindi le cento modalità per leggere il mondo, per organizzarlo dentro di sé e per restituirlo e condividerlo, quindi per continuare a costruirlo.
 Per dare parola a questo concetto pedagogico è nato un progetto architettico che in sintesi dispone le aule a raggiera intorno ad una grande piazza al centro dell’edificio, considerata come il luogo dello scambio, dei lavori comunitari e di gruppo, il luogo delle sollecitazioni più diverse e appartenenti a tutta la comunità scolastica a prescindere dall’età e dai ruoli. Ad essa si aggiunge un grande atelier per le attività espressive e grafico-pittoriche come luogo comunitario che per eccellenza consente ai più diversi linguaggi di esprimersi attraverso l’esplorazione e i materiali più diversi.
 In Italia sta maturando una sensibilità diffusa sul tema: le iniziative del ministero sulla nuova definizione delle normative di edilizia scolastica e l’osservatorio Indire “Abitare la scuola” sulle innovazioni scolastiche nel mondo sono un chiaro indizio di questo movimento.
 In Alto Adige l’attenzione alla relazione spazio e apprendimento risente delle riflessioni più elaborate provenienti dai mondi di lingua tedesca, in cui si discute su una nuova cultura dell’apprendimento e dove ci si riferisce a concezioni legate all’attivismo pedagogico in cui al centro si pone il fare, l’attività laboratoriale, il tutoring e il coaching dell’apprendimento. I pionieri del proficuo rapporto dirigente-insegnanti- architetto sono sicuramente la scuola primaria di Monguelfo e la scuola dell’infanzia di Terento, spesso visitate da insegnanti e interessati sia del contesto altoatesino che d’oltralpe.
Le attuali direttive di edilizia scolastica altoatesine lasciano più spazio alle scuole perché attraverso un chiaro concetto pedagogico si delineino nuove organizzazioni degli spazi. Al convegno sono state presentate alcune scuole che aderiscono a questi modelli e si potranno conoscere progetti di ricerca e architettonici che riflettono sui nuovi modi di concepire gli spazi scolastici in ordine a questi presupposti.

-       La rete ha messo già in campo alcune azioni, con ricadute effettivo sul tessuto socio-culturale locale. Mi riferisco in particolare alla ristrutturazione della Scuola primaria e secondaria di primo grado di Lagundo. Ci può raccontare brevemente questo progetto e i risultato raggiunti?
-        
Si tratta di un progetto promosso dalla Facoltà di Architettura dell’università di Innsbruck e in particolare dal Prof. Moroder che ha sollecitato i suoi studenti nella progettazione degli edifici e degli interni della scuola di Lagundo. Al convegno è stata presentata la rassegna di questi progetti e il processo che ha portato alla scelta del progetto più adeguato.
Oltre a questo progetto le iniziative che sta mettendo in piedi la rete riguardano la condivisione delle risorse per offrire uno sportello di consulenza alle scuole sulla progettazione degli edifici e degli ambienti, oltre che quello di offrire materiali di consultazione  sul tema ricchi e variegati.

-       In un'epoca di polverizzazione degli interessi, di parcellizzazione dei saperi, d'indebolimento della responsabilità e della solidarietà, di deficit democratico, lo sviluppo e la diffusione di modelli di "apprendimento cooperativo" (cooperative learing) appare una possibile via d'uscita per riprendere in mano i fili dello sviluppo globale. E' d'accordo? L'organizzazione degli spazi può agevolare i processi cooperativi, se sì in che modo?
-        
Credo che l’attenzione al tema dell’apprendimento cooperativo sia importante perché scardina la centralità del modello di insegnamento-apprendimento tradizionale, che non è più al passo con i tempi.
In particolare si valorizzano aspetti come la collaborazione, la responsabilità, la solidarietà e si mettono a tema gli apporti del singolo alle diverse tematiche e l’importanza di arrivare a una visione d’insieme.
L’innovazione della scuola fa riferimento a questo ed a altri modelli (apprendimento collaborativo, autonomo, dall’esperienza, per problemi, ecc.) e mette al centro il rispetto e l’attenzione fondamentale per gli interessi e per le motivazioni del bambino.
È a partire da ciò che abbiamo bisogno che iniziamo a muoverci, ciascuno con il proprio stile di apprendimento e scegliendo i modi più diversi per fare nostro il patrimonio culturale che la scuola ha ancora il compito di consegnare.  
Naturalmente questa diversa concezione della la poliedricità degli accessi al sapere, ma soprattutto la valorizzazione delle elaborazioni culturali e creative che da questi nascono, determina una modalità del tutto diversa di intendere anche gli spazi per apprendere.

Lo spazio del sapere sta subendo un'altra fondamentale riorganizzazione, con la diffusione delle nuove tecnologie digitali che aprono lo sviluppo a dinamiche fortemente connotate in senso interattivo, sociale e cooperativo. Come valuta questo processo, opportunità e rischi? Che ruolo avranno le tecnologie digitali nei luoghi educativi di domani?

Le tecnologie e il web 2.0 ci portano a conoscere  il mondo in modo diverso. Ciascuno di noi dispone di un bacino sempre più ricco e variegato di informazioni che per diventare conoscenze e saperi devono venire negoziate ed elaborate su uno sfondo comune di significati.
È qui che nasce il bisogno di pensare in modo diverso al processo di apprendimento. È qui che l’insegnamento tradizionale entra crisi, perché si confronta con tempi, modi e contenuti sempre più diversificati.
Le tecnologie contribuiscono all’innovazione del rapporto docente-sapere-discente, che da unidirezionale diventa bidirezionale o multidirezionale.
Di qui anche gli spazi per costruire questa interazione tra informazioni, saperi ed esperienze diventano diversi e sono tutti da pensare.




martedì 1 ottobre 2013

COSTRUIRE PEDAGOGIE


Costruire pedagogie in Alto Adige si può. Ne è la dimostrazione questo numero speciale della rivista Turris Babel che ho curato insieme a Sandy Attia e nel quale abbiamo cercato di fare convergere il pensiero di tutti i soggetti che partecipano alla costruzione o alla ristrutturazione della scuola: la scuola, la committenza, i progettisti.
Nel numero si presentano le Normative di Edilizia Scolastica del 2009, che stanno rivoluzionando il modo di pensare all'edilizia scolastica, proprio perché mettono al centro del percorso progettuale il "progetto organizzativo a indirizzo pedagogico" redatto dalle scuole prima del concorso di progettazione.
Per la prima volta vi è una recensione parallela sia da parte di pedagogisti sia dagli architetti di cinque scuole neocostruite in Alto Adige. Si presentano inoltre temi importanti che riguardano sia gli universi pedagogici sia quelli dell'architettura.
L'uscita di questo numero è un traguardo per il dialogo sulla relazione tra spazio e apprendimento. La conferma che su questo argomento vi é interesse non solo pedagogico e architettonico, ma anche politico, sociale e culturale.
Venerdì 18 Ottobre alle 17.30 presenteremo il numero presso la scuola elementare e biblioteca, quartiere Firmian a Bolzano. Si tratta di un edificio ancora in costruzione, come in costruzione vogliamo che rimanga sempre il dialogo tra pedagogia e architettura per la conquista di sempre nuove e migliori soluzioni pedagogiche e progettuali.
In questa occasione organizzeremo un dibattito con alcuni rappresentanti dei tre soggetti fondamentali del processo che conduce alla costruzione di una scuola: l'utenza (Intendenze, dirigente, insegnante, alunni genitori), la committenza (comune, provincia, Stato), il progettista (architetto, ingegneri, tecnici).
Un'opportunità per comprendere a fondo la tematica e per discuterne con i professionisti che hanno attivamente contribuito alla realizzazione di questo importante e bellissimo lavoro.