lunedì 7 aprile 2014

Una scuola per ascoltare



Il tema dell’ascolto a scuola è attualmente molto sentito. Si collega al più ampio tema del benessere degli alunni e degli insegnanti e alla necessità di proteggersi dall’eccessivo rumore prodotto talvolta da una progettazione non corretta degli ambienti scolastici, talvolta da una insonorizzazione acustica mancante, ma soprattutto da una crescente incapacità di gestire grandi numeri di soggetti in apprendimento in ambienti spesso stretti ed angusti, oppure eccessivamente ampi e rumorosi.
Presento qui una delle riflessioni più azzeccate che io abbia mai letto sul tema dell’ascolto negli ultimi tempi. È un estratto delle memorie didattiche di Carmen Guja Bonifacio (gujabonifacio@alice.it) , insegnante d’eccellenza, mia tutor quando ho insegnato a scuola, a cui devo molte delle mie illuminazioni.
   L’ASCOLTO è il cavallo di Troia con cui la corporeità e la comunicazione non verbale entrano nel silenzioso concentramento di una classe “BIMBOTECA” muta come Auschwitz.
Nel XXI secolo  ottenere e mantenere il silenzio è un’impresa  che  richiede pazienza ed un sistema nervoso sereno e forte.
Nelle classi del 1975 c’era silenzio al grido ”arriva...!” : tutti gli scolaretti in grembiulino nero o bianco, o blu, di corsa a sedere nei banchi.
Chi scrive è del ‘54 e insegna dal 1972 nella scuola elementare, oggi si chiama “primaria”.
“Questi bambini non sanno ascoltare!” ritornello....“Non si riesce a ottenere la loro attenzione....devo alzare la voce”.
QUI CASCA L’ASINO ...e trattandosi di insegnante...è una brutta caduta di stile… gridare, alzare la voce, magari fuori controllo, sgolarsi, strozzarsi.
Ottenere il Mago Silenzio così, si sa, è una sconfitta, un k.o. del nostro sistema nervoso.
L’alveare diventa inceneritore e la scuola brucia potenzialità, quando comprime, reprime e blocca tutto quello che dovrebbe formare, PROMUOVERE.
La sofferenza e l’insofferenza deformano e creano solo abbondono, disagio, ….bullismo forse.      
Il grillo parlante della mia coscienza professionale, continua a ricordarmelo, mentre cerco un campanello, un martelletto per richiamare l’attenzione, per coinvolgere i distratti e ottenere ASCOLTO. … Ironico sussurra: ” Non sei un giudice, inventati un gioco  FATINA, puoi farcela Guendy”. “


Al di là delle diverse ricerche sugli effetti deleteri dell’inquinamento acustico, che peraltro stanno sensibilizzando sull’opportunità di investire con maggiore attenzione i fondi destinati all’edilizia scolastica nell’insonorizzazione degli ambienti per insegnare ed apprendere, l’attenzione pedagogica dovrebbe tornare a consegnare i messaggi che riguardano anche l’educazione all’ascolto e al silenzio. Forse, più che agire sugli effetti di una desensibilizzazione al rumore e al chiasso in classe e generalmente a scuola, attraverso cosmetici segnalatori di pericolo, sarebbe opportuno riprendere alcune lezioni magistrali di Maria Montessori, che insegnava a muoversi con grazia tra le cose e a percepire con attenzione il proprio corpo che, muovendosi tra gli oggetti, produce i suoni che non registriamo più. Rimane sempre il fascino dell’esperienza di questa grande pedagogista che sussurrava sottovoce i nomi dei bambini, allenando il loro udito più raffinato e che insegnava ad ascoltare il respiro dei neonati (Montessori, 2008). La lezione montessoriana è oggi più che mai attuale e invita a rivolgere grandi attenzioni didattico-educative all’ascolto di sé come corpo in movimento che risuona tra i corpi e le cose, un’attenzione pedagogica ai suoni che producono insieme l’esperienza di fare scuola. Perché oltre alle buone soluzioni tecnico-progettuali, che di certo aiutano, nasca una nuova sensibilità rispetto all’esperienza sonora della vita.

venerdì 28 marzo 2014

5000 cantieri per le scuole






5000 cantieri per le scuole o 5 idee per le scuole?

Le dichiarazioni di Renzi, sull’imponente investimento per la scuola hanno scatenato una serie di riflessioni e proposte. In una conferenza promossa dal PD scuola il 28.3.2014 si discute sul tema ed emerge che l’architettura e il suo contributo a volte sembrano passare in secondo piano. Lo stesso dicasi della pedagogia, che rimane un discorso assolutamente secondario durante tutto il convegno, quasi fosse un elemento successivo non incisivo nel processo di selezione e nella giustificazione dell’impegno delle risorse. Emerge l’allarmante consapevolezza che la pedagogia non sembra ancora la chiave di volta per leggere in chiave innovativa il tema della trasformazione della scuola. Qui di seguito alcune riflessioni pedagogiche.

1. Nei discorsi dei parlamentari si rileva un’attenzione allo snellimento delle procedure per liberare i finanziamenti da assegnare alle scuole per rimettersi a nuovo. Purtroppo basare l’esecuzione lavori semplicemente su gare d'appalto, e nuo su concorsi di progettazione si, sveltisce il processo, ma non conduce a risultati seri e duraturi, operando a scapito del tanto sentito tema della sostenibilità e della qualità della scuola. In questo senso la nostra proposta è di pensare a procedure snelle, sì, ma anche spesse, ovvero di SPESSORE. È solo così che si può configurare una nuova architettura dell'apprendimento, l'infrastruttura della conoscenza, così come l’ha chiamata Roberto Reggi. La rigenerazione e costruzione di scuole è una responsabilità che richiede l'impegno sia dei soggetti vicini alla scuola, sia di quelli dentro alla scuola, ma innanzitutto una responsabilità politica che ne garantisce la qualità. I buoni esempi di architettura per l’apprendimento realizzati in Provincia di Bolzano dovrebbero diventare un diritto alla qualità per tutti. Sono un esempio per un buon utilizzo delle risorse e con procedure di qualità della progettazione.

2. Se si rendono i finanziamenti disponibili, è importante saper spendere bene. Puntare sulla qualità degli investimenti, e non sulla quantità significa assumersi la responsabilità per i luoghi dell’educazione e della formazione, non "punti di erogazione" come descritti dai politici, ma come elementi centrali della vita sociale ed economica di un paese, segno di civiltà e d’impegno sul servizio pubblico. In questo senso è importante rivalutare la funzione del dirigente scolastico, come segnalato dal Presidente ANDIS, Sono loro che hanno la dimensione dello spaccato della realtà scolastica. Sono loro che possono denunciare l’errore di continuare a puntare sulle gare d'appalto al massimo ribasso, che segnalano l’inutilità delle igenti spese destinate alle misure antiincendio, con un rischio concreto di incendio bassissimo. A loro deve essere data la resposabilità degli interventi sistematici e ponderati.

3. Riconfigurare la scuola come centro civico, come indica il senatore Ferrara, significa darle nuova vita e aprirla al territorio, ai cittadini. Interessante anche la proposta di mappare le esigenze reali di una scuola che si rinnova, quindi di coinvolgerla attivamente nel processo che ridisegna il suo assetto, responsabilizzandola sin da subito nel definire bisogni e richieste. Come ben descritto da Legambiente, infatti, c’è bisogno di riflettere su quali sono le scuole che ci servono per il 21 secolo. La scuola non è velocità. È sedimentazione. Solo ragionare sul numero di alunni per classi è un argomento critico durissimo che stride con i temi della sicurezza, del benessere e della sostenibilità. Riceve tutto il nostro consenso la segnalazione di Adriana Bizzarri di Cittadinanza Attiva della necessità di investire sui cortili delle scuole. Puntiamo al loro miglioramento per le attività motorie, sportive e ricreative. Ma pensiamo anche allo spazio mensa,  la pancia della scuola, il luogo degli incontri e degli sguardi, della socialità a grande gruppo e dove la dimensione assiologica (il riferimento ai valori) deve ritrovare la sua forza e la sua dimensione. Questi sono argomenti che riconfigurano la scuola come centro civico ma che delineano una modalità nuova per pensare al benessere dei suoi abitanti.

4. Se si vuole davvero investire sulla scuola è fondamentale ragionare non solamente sull’hardware che la informa, ma sul software che la fa funzionare, pensare al ruolo della didattica e della pedagogia nel discorso sulle scuole e non solo al suo involucro.
Ridisegnare la scuola significa offrirle un software pedagogico di qualità e spessore. Ci sono modo diversi per concepire la formazione insieme ai suoi luoghi, e confidiamo con il rappresentante dei Giovani Democratici nel fatto che la scuola debba essere reinventata a partire dalla creazione di nuove professioni che sappiano riqualificare il mondo.
Il ministero ha insediato un’unità di missione, parola che speriamo non evochi ipotesi di missioni impossibili, che avrà il compito di mettere insieme tutti i soggetti detentori di risorse, ministero infrastrutture, miur, mef, ecc. Per mappare le risorse e per offrire (con l’aiuto di esperti, architetti e tecnici) modelli di progettazione che interpretino le Linee Guida per l’Architettura Scolastica del MIUR 2013, utili per tutti coloro che non hanno un know how. Si auspica vivamente che anche i pedagogisti e  i soggetti della scuola  possano contribuire al dibattito.

5. È necessario procedere a una nuova definizione della scuola proprio a partire da un nuovo vocabolario per descriverla. Osserviamo la scuola con il binocolo rovesciato! Si allunga la prospettiva e si allontana l’orizzonte. Spogliamola della retorica che le gira intorno e diamole indicazioni concrete. Passiamo da un approccio prescrittivo a un modello prestazionale e culturale. Diamo concretezza alle pedagogie del dire, per una scuola del fare e dell’essere.
Per trasformarsi la scuola ha bisogno di un nuovo vocabolario, di soggetti consapevoli e di un processo condiviso.

Anziché di edilizia scolastica parliamo di architettura per l’apprendimento

Non ristrutturazione, ma trasformazione della scuola
Da sostenibilità a coscienza e responsabilità
Non sicurezza ma benessere
 Da emergenza a opportunità-occasione
Non più barriere architettoniche ma accessibilità e libertà di movimento
Non più semplicemente a norma, ma di qualità
Più che di procedure snelle, proponiamo procedure spesse, o di spessore



giovedì 6 febbraio 2014

Mens sana in corpore sano


Sto mettendo a punto un libricino che documenta la storia di una bellissima una scuola degli anni '60 che due anni fa è stata abbattuta a Eores, una frazione montana di Bressanone (BZ).
In dialogo con l'Arch. Zingerle  che l’ha costruita, figura di spicco per quegli anni, mi cattura questo suo pensiero: "Non c'è cosa più importante nella vita che la salute dei corpi e delle menti" così esordisce. "Non c'è figura più importante per l'uomo che il medico e l'educatore. Entrambi provvedono al nostro benessere e al nostro sano sviluppo. Di qui il ruolo dell'architetto, che indirettamente partecipa a questo progetto: è colui che provvede al corpo fisico della scuola, colui che quindi ha la responsabilità civica e sociale per fare si che l'edificio sia in ordine, bello e sano abbastanza da ospitare-accogliere-informare e di certo anche interpretare l'educazione e la formazione."
In questo senso si può iniziare a ragionare sul concetto di scuola come corpo. Che corpo ha la scuola? Di cosa è fatto? Come parla il corpo della scuola, se con questo intendiamo tutto ciò che accoglie, organizza, struttura, inquadra e informa l¹azione didattica? Il corpo della scuola è fatto di architetture, quindi di muri e di finestre, di aule, androni e corridoi, di ambienti comuni e luoghi per le attività specifiche, spazi interni ed esterni, volumi che si distribuiscono nel contesto urbano. È fatto di materiali e colori, di arredi e suppellettili, di oggetti più o meno didattici. La fisicità della scuola non è un dettaglio, è il corpo che lei indossa. Come scrive Umberto Galimberti (1987) è il corpo che dà abito (luogo) e che è, al tempo stesso abitato.
La scuola si riconosce dunque come corpo: corpo che si ha, corpo che si è, corpo che racconta di abitudini e di stili di vita, di qualità e di impegni. Il corpo abitato di Galimberti, la zona di confine tra ciò che rappresenta il noi della scuola e ciò che va oltre.  Un corpo dunque fatto di mattoni, di scelte architettoniche, di materiali, di arredi, di oggetti e suppellettili, che tutti quanti segnano le tracce di un discorso pedagogico-didattico di sicuro impatto, per quanto implicito possa essere.
Un dato da non trascurare e su cui vale la pena di impegnarsi tutti: architetti, ingegneri, designer, dirigenti insegnanti, amministratori. Ciascuno con le proprie competenze e resposabilità ma comunque protesi a dare alle scuole corpi e menti nuovi, sani e belli.