Riporto
qui una riflessione molto acuta, e che condivido pienamente, sullo spazio classe di Marco Orsi, dirigente
scolastico e promotore del progetto “Scuola senza zaino” (www.senzazaino.it ) tratta da un saggio per
Dirigenti Scuola 2013 (“Per una
leadership efficace: cinque caratteristiche della organizzazione scolastica”).
“Nel locale di una redazione di un
giornale, in un ufficio di un’anagrafe comunale o in un’agenzia delle
poste in un unico locale, di norma assai più grande di una
qualsiasi aula scolastica, possono essere raggruppate al
massimo 5 – 6 persone. Negli ospedali e nelle carceri i
pazienti da un lato, e i detenuti dall’altro, non sono più di 4 – 6 ad
abitare lo spazio che li ospita (la corsia o la cella). La
scuola, lo si capisce subito, è diversa: negli spazi di
un’aula, non più grandi dei precedenti, sono ospitati dalle 20 alle
30 persone (includendo anche i docenti) che debbono
“lavorare” 4-5 ore al giorno per circa 200 – 220 giorni all’anno.
Questa
caratteristica la indichiamo con il termine densità
eccezionale. Ma questa densità eccezionale in che
rapporto sta con il conseguimento degli esiti formativi?
Insomma, questo affollamento rende efficace il processo di
insegnamento – apprendimento o piuttosto si tratta di una
situazione semplicemente non voluta o perlomeno poco considerata?
Quali ragioni stanno all’origine della scelta di assembrare in
pochi metri quadri molte persone? E se un certo grado di densità nella
formazione non può essere evitato, allora quali sono i parametri giusti?
E quali modelli pedagogici stanno dietro ai vari parametri di densità?
Sicuramente la gestione di un ambiente
ristretto in cui si affollano in modo più o meno intenso 20 – 30 persone
che vi permangono per molto tempo, sono assai sottovalutate in quanto
presuppongono modalità organizzative e di intervento specialistiche assai
più approfondite di quelle che sembrano attualmente essere a
disposizione della professionalità docente.
La questione è che mettere assieme
per un dato tempo e in un dato spazio molte persone portatrici della
novità e imprevedibilità tipica delle nuove
generazioni, genera timore, ansia, paura. La densità
eccezionale dice della catalizzazione dell’inedito e della
novità e per questo le scuole sovente rispondono ad una
situazione del genere con metodi improntati alla tramissività, al
controllo, alla sorveglianza (Foucault, 1976), piuttosto che alla
partecipazione e alla responsabilità. Certamente occorre riconsiderare
lo spazio abitativo delle scuole, andando oltre la dimensione spesso
totalizzante dell’aula, tentando di sfruttare tutte quelle aree che
sovente sono disabitate o scarsamente utilizzate: atri, corridoi, laboratori,
spazi in genere connettivi, immaginando anche aggregazioni libere che vanno
oltre il sistema della classe rigidamente strutturato. In
conclusione: è possibile – ci domandiamo - uscire da questa chiusura tradizionale accettando la
sfida della fiducia (Marzano, 2012), vale a dire creare un
ambiente in cui la comunicazione e la collaborazione fioriscono e le
responsabilità sono delegate? La fiducia, come è stato detto
(Fukuyama, 1996),produrrebbe con maggior probabilità organizzazioni
comunitarie, perciò coese e flessibili, dove non necessariamente i ruoli sono
rigidamente inquadrati e dove il successo sarà più a portata di mano.”
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